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mercoledì 19 gennaio 2011

La Scelta Finale



di
Roberto Scudeletti




Prologo

In un pomeriggio di fine settembre un’auto si mise in coda.
La persona alla guida cercava di alleviare la profonda ansia con un sorso di the freddo.

Entrò nel tunnel circondata da spazzole rotanti e spruzzi d’acqua che aumentarono il senso di oppressione.
         All’uscita potenti phon asciugarono le piccole gocce, tranne le lacrime che rigavano il suo volto.
L’addetto passò svogliatamente un vecchio panno su carrozzeria e vetri, in attesa del pagamento.
         Pochi istanti e l’uomo in tuta avvicinò il viso al vetro, posò la mano sulla maniglia, indeciso.
         L’arrivo dell’auto successiva impose un’azione immediata.
Aprì la porta del conducente. Era immobile con gli occhi spalancati.
              


          1. Palestra

          Circa un anno prima Alberto stava salendo su una bike in palestra. Seguiva un circuito di pesi e fitness, senza trascurare le pubbliche relazioni con frequentatrici simpatiche e disponibili.
         Era un uomo piacente, trentacinque anni, viso da adolescente, corpo magro e scolpito.
         Sposato senza figli con Lucia, dieci anni più di lui, amministrava la ditta della moglie che, grazie all'eredità del padre, lo manteneva.
         Appena iniziato a pedalare il suo sguardo fu attirato dalla vicina alla sua destra, che stava sfogliando una rivista di viaggi.
<<Belle le isole Baleari, vero?>> chiese sporgendosi verso di lei. Era certo di non averla mai vista prima, vivendo in un paese dove si conoscevano tutti.
         <<Adoro il mare e le isole in particolare, anche lei?>> rispose la donna.
         Abitava in un paese a soli dieci minuti di auto dalla palestra, che aveva iniziato a frequentare proprio quel giorno.
         Alberto puntava alle sue coetanee ed alle fanciulle ventenni. Scoprì con sorpresa che la bella Silvia aveva cinque anni più di lui e rivalutò il fascino delle quarantenni.
Fu l'inizio di un’amicizia che presto si trasformò in amore reciproco.
Anche lei aveva famiglia, due figli ed un marito.
Antonello, con il quale gestiva un negozio di animali, era possessivo, sospettoso e geloso.
        

          2. Hotel

         Un anno dopo decisero di festeggiare il loro primo anniversario con una serata in hotel, dopo tanti incontri pomeridiani.
Gli impegni ufficiali erano una cena di lavoro per lui e una pizza per lei, in compagnia della sua migliore amica Benedetta.
         Lui le attendeva in un parcheggio vicino alla stazione, deserto a quell’ora.
Per rendere più realistica la messinscena Silvia era andata in auto a casa di Benedetta e si era fatta accompagnare dall’amica.
Dopo un breve saluto le amiche si separarono.
         La donna lo guardò timidamente e lui le accarezzò una guancia, sussurrandole: <<Mi sembra di essere un ragazzino alla prima cotta>>.
         Gli occhi di lei luccicarono di tenerezza, in una maniera talmente speciale che ogni volta lo facevano impazzire di desiderio.
<<Vale lo stesso per me, amore>> fu la risposta di Silvia, accompagnata da una carezza sulla nuca.
Era una donna in apparenza solare e sportiva, che in profondità si rivelava quasi inaspettatamente riservata e concreta, romantica e sensuale nella stessa misura.
Le aveva proposto di cenare prima, ma aveva risposto: <<Scherzi? Sarebbe tempo sprecato! E se poi ci vede qualcuno?>>.
Il suo timore si avverò all’uscita dell’hotel.


3. Negozio

         Tre giorni dopo Silvia tornò al negozio nel pomeriggio, dopo aver aiutato i figli con i compiti. Il marito la accolse serio e muto.
Percepì che qualcosa era successo e si agitò, per la prima volta dopo tanti anni.
Sembrava che nessuno dei due volesse dire nulla.
<<Cos’hai?>> non resistette lei.
<<Verso le quattro è passato Martino…>>.
Non sapeva se rifiatare o aspettare il peggio.
Martino era solo un amico, ma ficcanaso ai limiti della decenza ed infatti…
<<… e mi ha raccontato una bella storia su due amanti ed un hotel, dal nome di un fiore>>.
L’accenno al nome del fiore fu un colpo.
“Orchidea” pensò lei, mentre lui lo gridò: <<Orchidea, Hotel Orchidea, sabato sera, la pizza con Benedetta!>>.



4. Parco

La settimana seguente Silvia accompagnò i figli a scuola e chiamò il marito col cellulare <<Sono io. Vado a prendere da mangiare per gli animali. Tornerò verso le dieci>>.
In risposta ottenne solo un tacere glaciale.
Pur sapendo di essere lei dalla parte del torto pensò senza dirlo “Stronzo!”.
Tirò fuori dalla borsa il secondo cellulare e chiamò Alberto, che lavorava nella zona dove si rifornivano per il negozio.
<<Tra venti minuti al solito posto>> comunicò lei secca. Il parco si trovava alla fine di una stradina poco dopo i capannoni ed era diventato un naturale punto di incontro dei due amanti, soprattutto la mattina quando era poco frequentato.
Nel parcheggio avevano fatto l’amore la prima volta, in un tardo pomeriggio d’inverno, quando il sole era già tramontato da un pezzo.
Ma quei tempi sembravano distanti, ora che il loro segreto era stato scoperto.
<<Lui sa chi sei>> svelò lei.
Continuò, con sorpresa di lui: <<Non chiedermi come ha fatto, ma sa il tuo nome, dove vivi, lavori e di tua moglie, tutto>>.
Il miglior amico di suo marito evidentemente aveva fatto un buon lavoro, frutto per altro di una sfortunata combinazione iniziale.
Il silenzio calò tra i due, seduti su una panchina.
Alberto lo ruppe, con voce incerta: <<Con te non riesco a nascondere alcun pensiero, anche il più spiacevole, perché sei la persona più importante della mia vita>>. <<Dimmi pure>> fece la donna.
Il seguito lasciò il segno: <<Ho il dubbio che potresti essere stata tu a confessare tutto di me, di noi. Non so se per senso di colpa, paura di perdere tutto o chissà cos’altro>>.
La risposta non si fece attendere. Uno schiaffo violento ed una corsa in lacrime.



Epilogo

Alberto aveva trascorso l’ultima settimana a valutare la situazione, che gli appariva senza soluzione e lo stava portando sull’orlo della follia.
Da un momento all’altro il marito di Silvia poteva arrivare a casa o in azienda a raccontare tutto a Lucia.
La fine sarebbe arrivata. Le valigie, a casa dalla mamma “Te l’avevo detto io”, la perdita del lavoro e dei soldi facili sempre spesi mai messi da parte, il divorzio ed il giudizio della gente.
Non contava l’ordine di importanza. Forse non ne aveva. Era sconvolto.
Qualcuno doveva morire, solo questo sapeva.
Poteva uccidere Antonello col rischio di farsi trent’anni di carcere o forse incaricare qualche disperato che poi lo avrebbe ricattato a vita.
Poteva uccidere sua moglie, ma il movente sarebbe emerso fuori subito, conducendo gli inquirenti da lui.
“E se uccido Silvia?” pensò.
Col passare del tempo era sempre più convinto che fosse stata lei a svelare l’identità sua e di Lucia ed un bel delitto passionale era quello che ci voleva per concludere il casino.
Un delitto per punire, se stesso prima di tutto.
Questo pensiero lo convinse a cambiare obiettivo.
A bordo della sua auto aprì il cassetto, prese la pistola da tiro al poligono e la puntò alla tempia.
Il dito scese dal ponte al grilletto. Finalmente la testa era vuota, paura e sollievo per l’ultimo viaggio.
Un rumore. No, neppure un rumore.
Era un suono, una musica. La suoneria del cellulare.
Posare la pistola o adoperarla? Posare la pistola e rispondere.
Era Silvia. Il marito aveva detto tutto a sua moglie.
Lucia aveva avuto un attacco di cuore, ma era sopravvissuta.
<<Dov’è successo?>> riuscì a chiedere Alberto.
<<In un autolavaggio>> rispose la donna.
Chiuse la comunicazione.
La notizia inaspettata scosse la sua coscienza assopita.
Incombeva la scelta finale.
Riportò l’arma alla testa. Fuga definitiva dalla realtà.
La rimise al suo posto. Una diversa decisione.
Mise in moto. Un nuovo senso di responsabilità stava prendendo il sopravvento.
Si diresse all’ospedale.
Il pericolo di morte di lei aveva salvato la vita di lui.
E forse anche l’anima.

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