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sabato 17 maggio 2014

AMORE SENZA AMORE


di Roberto Scudeletti



Si sentiva nervoso, doveva combinare qualcosa, uscire di casa.

Decise per una passeggiata, una camminata lungo il fiume, attraversando infine il ponte che separava il centro storico dalla periferia, costituita da un miscuglio di antiche fattorie, per lo più abbandonate, nuovi condomini, supermercati e un enorme centro commerciale in vetro e cemento.

- Ciao John – lo salutò il suo omonimo in versione italica, Giovanni. 
Lo chiamavano così per il suo amore infinito verso i film western con protagonista il mitico Wayne. Ordinò un caffè Ginseng e si sedette in uno dei tavolini all’aperto del bar, situato vicino a uno dei pochi parchi giochi, sopravvissuto alla speculazione edilizia.

- Ti vedo pensieroso oggi, John – osservò il barista, servendolo.
- Niente di che, Giovanni – rispose lui, mentendo.

Era alle prese con un dilemma, altro che niente!

Aveva trascorso quasi tre anni con una donna bellissima, avvenente, fine, elegante, intelligente e, strano per la media delle donne, silenziosa o comunque non chiacchierona, insomma come piaceva a lui.

Solo un difetto non proprio insignificante turbava il suo cinico essere. 
Era innamorata di lui e credeva, pretendendolo, lo stesso di lui nei suoi confronti.

Così dopo la loro prima volta lui era stato “costretto”, per continuare a possederla, a mentirle un suo inesistente amore; sì stava bene con lei, ma una volta andati ognuno a casa propria si dimenticava di lei, mentre l’amore per lui, che lo aveva già provato seppur poche volte, era un continuo pensiero, come una scarica elettrica che alimentava sempre mente e cuore, dal risveglio all’addormentarsi.

Doveva riflettere sul bivio che oramai il trascorrere del tempo e dei litigi sempre più continui lo obbligavano a decidere, tra una continua bugia o la fine di un amore senza amore.

Lei percepiva la distanza emotiva, come solo una donna può fare, mentre lui continuava a gestire la lontananza, seppure limitata da pochi chilometri, con noncuranza e facendo magari passare dei giorni nel silenzio assoluto.

- Siamo entrambi liberi, perché ogni tanto sparisci e non ti fai sentire? – gli rinfacciava lei, facendolo sentire a volte braccato, a volte colpevole.

Si alzò dalla sedia, andò al bancone e pagò Giovanni, senza una parola.

Seguì un percorso familiare che lo condusse ad un citofono; oramai era ora di pranzo e doveva essere a casa.

Lo scatto del portone e poi della serratura della porta blindata fu come un via allo sfogo della verità che aveva dentro.

- Mi dispiace – disse lui, mentre lei versava lacrime amare, prima di scomparire per sempre.

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